mercoledì 16 gennaio 2008

Progetti in carne



Anche i più ottusi tra gli esseri umani hanno capito che il loro corpo è ormai inadeguato al tempo in cui viviamo e necessita di essere riprogettato. Segnali evidenti di questa illuminazione collettiva sono alcune recenti forme di culto che hanno trasformato in idolatria popolare quelle che erano, solo un decennio fa, espressioni estreme dell’ avanguardia artistica. Il primo e più evidente sintomo di questa necessità è l’accettazione comune al fatto che sia possibile e alla portata di tutti intervenire radicalmente sulla carne umana. La chirurgia estetica non è più un’ eccezione per rabberciare traumi o difetti congeniti, ma piuttosto una necessità di adeguamento del corpo a un modello artificiale che mai la natura si era sognata di aver immaginato. Oggi è del tutto indifferente veder spacciati per modelli estetici e oggetti di seduzione dei prodotti da laboratorio come donne e uomini dello star system cinematografico e televisivo. L’intervento chirurgico, in sé cruento e raccapricciante, è spesso visto come una liturgia, un esercizio della volontà necessario per raggiungere la perfezione, quasi fosse un percorso mistico. La tv ne fa materia di narrazione, di gara e spesso eleva la mutazione corporea al rango di premio e ricompensa per concorrenti fisicamente svantaggiati, o per lo meno non coerenti con il modello fisico collettivamente allucinato. Quando la francese Orlan cominciò negli anni 90 a stressare chirurgicamentre il suo corpo documentandolo con performances di mutazione organica chiamate "The Reincarnation of Saint Orlan", l’ icona della body art era semplicemente anticipatrice di ciò che ogni cassiera, gentildonna, liceale, pensionata potrebbe permettersi di fare senza incorrere nella condanna della collettività.
Ancora più velocemente l’ uomo contemporaneo si è assuefatto all’ idea della protesi emozionale, vale a dire un estensione artificiale alla propria sensibilità, intesa sia come percezione sensoriale, sia come possibilità di provare emozioni. Ogni nostro rapporto è oggi mediato da macchine di relazione; si tratta di congegni banalizzati dall’ uso diffuso che permettrono di espandere la nostra limitatezza a percepire, vedere, ascoltare un qualsiasi nostro simile in una relazione. Sono il lubrificante che rende meno aspro l’ attrito da distanza, vanno dal telefono cellulare ai più comuni client di relazione attraverso la rete (Messenger, Skype o, più recentemente, anche Second Life).
Il più banale dei telefoni cellulari può essere considerato come un’ appendice inorganica, un prolungamento sensoriale, un facilitatore relazionale, un amplificatore dei sensi a cui nessuno sa più rinunciare, ma allo stesso tempo, per simmetria con quanto detto riguardo alla chirurgia estetica, è la realizzazione in modalità industriale di una serie di prototipi che il performer australiano Stelarc ha fatto innestare nel suo corpo negli ultimi 15 anni. L’ artista anticipatore sostiene che l’ obsolescenza del nostro corpo, per raccogliere le sfide della contemporaneità, impone una drastica rimodulazione dei suoi apparati. Per questo si è fatto innestare un terzo braccio robotico, sostenendo che “modificare l’ architettura del corpo significa adeguare ed estendere la consapevolezza del mondo.” L’evoluzione della specie degli umani quindi termina con l’ invasione del corpo da parte della tecnologia, il corpo andrebbe così svuotato per diventare ricettacolo di tecnologia.
Per dimostrarlo Stelarc un tempo ingeriva piccoli meccanismi elettronici, oggi alla bella età di 61 anni, è arrivato a farsi impiantare addosso una protesi in cartilagine umana a forma di orecchio che era stata coltivata in laboratorio a partire da alcune sue cellule, ma già ha annunciato che la sua prossima azione sarà l’ inserimento di un microfono nell’ orecchio. Ancora una profezia scritta su carne di un possibile esito dell’ accoppiamento tra uomini e macchine.
Ancor più interessante è l’ atteggiamento degli esseri umani di fronte alla possibilità di indossare una completa protesi antropomorfa, un’ involucro virtuale che funga da espansore totale di ogni attività legata alla relazione. Questo è l’esperimento che molti stanno già tranquillamente facendo immergendosi per gran parte della loro giornata nell’ ambiente tridimensionale interattivo on line chiamato “Second Life”.
Molto controversa è oggi la valutazione della reale entità di frequentatori di quelle isole felici generate dai server della Linden lab, ma è comunque un’ esperienza molto significativa per coloro, pochi o molti che siano, che dedicano una parte rilevante del loro tempo reale ad allacciare rapporti sotto la forma di avatar. Per la metafisica indù l’avatar è un dio che si veste dell’ aspetto di un umano e scende sulla terra a curiosare un po’, già questa definizione del simulacro in pixel dovrebbe dirla lunga su quanto sia carico di attese quel figurino che ognuno può modificare e plasmare, anche nei minimi particolari corporei, grazie al semplicissimo tool “body appearence”.
L’ avatar personalizzato diviene la personalità di ricambio per giocarsi una seconda chance nel rapporto con gli altri, rapporto che magari nella vita reale è stato usurato dalle consuetudini, da naturali limitatezze di status sociale, problemi caratteriali o, molto più frequentemente, un aspetto fisico non corrispondente ai canoni del successo.
In Second Life ciò che muove uomini e oggetti è il codice, poche righe di lettere e numeri capaci di dare espressione, e capacità di relazione a masse di particelle primordiali (primitives nel caso) che assemblate e modificate nella loro struttura base servono a costruire quel mondo. Il bello è che ognuno può costruire, il builder è un dio capace di realizzare realisticamente molte delle aspirazioni proprie della modernità, ma allo stesso tempo antiche come l’ uomo. Il corpo è un oggetto modulare a cui possono essere aggiunti accessori fantastici, da acquistare negli outlet delle membra simulate. La skyn di base deve necessariamente essere sostituita con una dalle caratteristiche più realistiche, magari bodyoiled e dall’ aspetto più sensuale e fascinoso.
Occhi, capelli, capezzoli e natiche “sensibili” sono il minimo richiesto per non essere considerati ridicolamente novellini. Un particolare settore dell’ anatomia è florido e immaginifico, quello che permette una sessualità a comando e sempre gloriosa e prepotente. Il mercato dei genitali è il più florido. Curiosissime appendici dotate di pannello di controllo permettono la simulazione di qualsiasi turgore, emissione e palpito. Esiste un virtual fallo, considerato la Mercedes delle protesi indecenti, lo forniscono con una tavolozza di possibili colorazioni che va dal violetto al verde ramarro. Vanno alla grande anche i modelli di virtualginecologia con opzione open & closed states. I veri raffinati ci montano sopra sopra uno sculpted prim clit da duecento linden, dotato della nuovissima funzione ermaphodite ready che ultimamente pare vada assai di moda.
Quale è questa volta la profezia? Forse questo gioco al dottore tra adulti servirà a mantenere vivo il ricordo della nostra parte animale, soprattutto quando per riprodurci non avremo più nessun bisogno di ricorrere ai vergognosi strumenti carnali così antiquati e poco affidabili.

(di Gianluca Nicoletti. Pubblicato nel numero 910 di Domus che ha dedicato una sezione al corpo.)

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