lunedì 30 giugno 2008

Second Fantozzi

I flussi emotivi sulla fortuna dei mondi virtuali salgono e scendono come maree. Leggiamo su Repubblica on line che Gartner, nella sua ultima ricerca, ha previsto che tra un paio di anni addirittura il 70% delle aziende avrà un "suo mondo virtuale", per motivi di immagine, ma anche per risparmiare in trasferte dei suoi dipendenti.

Gli avatar subordinati, per insistere nella metafora cyber fantozziana, potrebbero farsi visita condividere documenti incontrarsi e magari partecipare a meeting tra aziende con l’ euforia di un role play in ambiente fantasy. Abbiamo già scritto quanto questo sia poco attuabile, almeno alla luce delle vigenti garanzie sulla privatezza del lavoratore.

Anche se il Panopticon sembra lontano, pure su ciò che si sta muovendo nel presente è facile avanzare il sospetto di fufferia cybermodaiola.
Una realtà che balza all’ occhio immediatamente quando si legge che il Project Wonderland che la Sun Microsystems Italia sta perfezionando è attualmente in sperimentazione presso una società del Gruppo Poste Italiane.

Per poter leggere una raccomandata io ancora devo fare una fila di quasi un’ ora, tutto perché la società che ha in appalto la consegna a Roma preferisce mettere l’ avviso nella cassetta piuttosto che consegnarmela a casa, spesso si perde mezza giornata per leggere un documento che potrebbe essere tranquillamente notificato per via telematica.
Difficile pensare che gli addetti responsabili del mio tempo perduto nel frattempo abbiano strumenti di lungimiranza capaci di risparmiare il loro, magari teletrasportandosi invece di fare il regolare foglio di viaggio aziendale.

sabato 28 giugno 2008

Caffeina e dopamina...

Di tutte le sostanze, droghe o spezie,
che da secoli animano gli usi e i commerci degli uomini,
la
caffeina è senz'altro la più popolare. E' l'unica sostanza stimolante che sia riuscita ad abbattere resistenza e pregiudizio, al punto da essere liberamente prodotta, venduta e consumata a ogni latitudine, senza vincoli o restrizioni alcune.
(Da Viterbocultura)

Nessun gemellaggio tra sostanze psicotrope potrebbe essere più azzeccato. La caffeina è in libera vendita e il suo sovradosaggio corrobora l' umano a perseverare nel proprio logorio professionale volontario e folle. La dopamina sintetica , ancora non avvertita come sostanza da mettere all'indice, trasuda dai nostri polpastrelli, desensibillizati dal tunnel carpale occluso, mentre picchiatastiamo frenetici per evadere dalla vita a cui, quelle stesse macchine per cui ingeriamo caffeina, ci mantengono digitosamente procurandoci stipendio ed emolumenti vari.
Due fantastiche sorelle di trance non volgarizzate dall' abuso consapevole che mi accompagneranno nell' ebrezza della riflessione il 10 luglio a Vitebo.

Viterbo è il set naturale più adatto a spiegare le possibili entrate e uscite dal mondo
attraverso lo stargate che il quotidiano talvolta ci mostra.
Viterbo è altera e nobile città d' arte,
ma per un suggestivo cortocircuito mediatico
è percepita dal sentire comune come una burinopoli occulta.

Ci si sarà chiesto come questo sia potuto accadere?
Perchè Todi è l' Atene dei radical fighetti delle terrazze romane,
Perchè Spoleto evoca fremiti all'osso sacro alle più larghe sensibilità musico teatrali del mondo? Perchè Spello fu scelta per mistico set cipressesco nella travolgente campagna elettorale di Veltroni?
Perchè Cetona? Perchè Capalbio? ....
E Viterbo nulla?
Perchè...?

Adesso ve lo spiego:

Perchè un giorno del 1973 il regista Edoardo Re(al secolo Mario Caiano, ma sotto pseudonimo, un po' per la vergogna, un po' perchè il giorno che ha firmato il contratto era "S. Edoardo Re") decise di regalare all' umanità il suo "I racconti di Viterbury" trash emulation dei "Racconti di Canterbury" di Pasolini e caposcuola lessicale di tutto il genere decamerotico che seguirà il filone in quegli anni. Chi volesse più personali riferimenti circa la protagonista Orchidea de Santis guardi qui>>>>>
L' ambientazione trecentesca degli sboccacciati boccacceschi di quel fantastico filone bmovie sarà sempre contagiata dall' idea che il dialetto viterbese fosse la convenzione cinematografica per antonomasia che più si avvicinasse all' idioma volgare del Boccaccio.
Anche la fortunata saga di Brancaleone di Mario Monicelli fu ugualmente girata nel Viterbese, consacrando quella terra di Papi e peccatrici da bulicame all' ignobile pregiudizio. Per questo il mondo volle nell' immaginario collettivo Viterbo fosse rappresentata come terra di cafoni.
Ebbene proprio per questa ragione sarò più che fiero di proclamare l' iniziativa del "Viterbo pride", giornata dell' orgoglio viterbese, con madrina d' eccezione Orchidea de Santis, che dell' indimenticabile pellicola fu fulgida protagonista.


Sarà un' occasione unica per trasformare in gloria l' onta del pregiudizio sui viterbesi. Vi aspetto!!!
Musica e canti a cura del gruppo folk melodico familiare "CASA ALEMANNO"

giovedì 26 giugno 2008

L' ombra digitale

Non la vediamo e ancora non ci pesa sulle spalle, ma la nostra «ombra digitale» cresce a dismisura e forse dovremo cominciare a preoccuparci. L'ultimo numero di «Focus» lancia questa inquietante ipotesi sui dati digitali che ognuno di noi produce attivamente e passivamente ogni giorno. Quello dell'«ombra digitale», che si allunga sempre più al nostro passaggio, naturalmente, è un peso non esprimibile in termini di materia solida, ma potrebbe diventare faticosissimo da sopportare ugualmente. L'ombra in questione si alimenta dei dati digitali che vengono registrati su di noi quando telefoniamo, mandiamo una mail, compiamo una transazione economica.

Non solo, ma ogni frammento di nostra vita reale che viene digitalizzato da una telecamera, telefonino, videocamera di sorveglianza è un ulteriore alimento per l'ombra, che cresce, cresce e diventa sempre meno controllabile con le nostre sole forze. In media, ogni essere umano deve sopportare 45 gigabyte di dati.Ma in Occidente è anche peggio. Quando da noi nasce un bambino, solo i filmetti che si girano in famiglia appoggiano su quelle tenere spallucce di neonato i primi 250 gigabyte di «ombra digitale». La ricerca non ne fa cenno, ma per molti la storia inizia ancora prima con i video delle ecografie che girano tra amici, magari via You-Tube, per stabilire somiglianze e impronte genetiche.

Per dare una rappresentazione ai dati digitali prodotti ora nel mondo si immagini che riempirebbero 12 pile di libri alte quanto la distanza tra la Terra e il Sole, (o una pila di libri alta come due volte la lunghezza dell'orbita terrestre) e si prevede che a questi ritmi di crescita, per il 2011, la pila coprirà due volte la distanza tra il Sole e Plutone, una cosa come 6 miliardi di km.Non esiste una Babele burocratica immaginabile dalla mente umana paragonabile al mostro impalpabile «universo digitale», miliardi di informazioni di cui la gran parte noi nemmeno si immagina di generare. Prendiamo un'azione banale come l'invio di un'email, che pesa 1 megabyte, se è priva di grossi allegati: è un peso digitale che sale immediatamente a 51 Megabyte, se è inviata a 4 persone.

L'aumento immediato di «ombra digitale» è, infatti, provocato dalle copie che, automaticamente, fanno del documento inviato sia i singoli pc degli utenti sia i server che gestiscono la posta. A loro volta i destinatari, poi, quando scaricano l'allegato, creano altri duplicati. ingigantendo così le «ombre digitali» dei loro ignari utenti.L'«ombra digitale», poi, non è detto che appesantisca unicamente la lecita aspirazione alla privatezza di ogni essere umano. Il suo impatto è reale anche nel mondo concreto: anche il consumo di energia cresce assieme al fantasma dei dati digitali. Mediamente un server rack, nel 2000, si limitava ad assorbire la potenza di 1 kW. Oggi ne consuma 10 e si lavora alla nuova generazione da 20 kW. Si stima che Google abbia un potere di fuoco di circa 450 mila server, macchine generatrici di «ombra digitale» che hanno bisogno di una potenza totale di 90 MW, equivalente a quella prodotta da una centrale termoelettrica.

Per paradosso la mole maggiore di questi dati, che poi formano l'«ombra digitale», è sempre meno gestita dall’individuo, ma dalle aziende: molte forniscono gratuitamente servizi allettanti come caselle di posta illimitate, spazi server per pubblicare e scambiare foto, filmati e meravigliosi gadget che ci tengono incollati come bambini alla stressa macchina che usiamo per lavorare.

Sarebbe giusto che cominciassimo a renderci conto che questo gioco ci fa sentire smisurati nelle nostre relazioni, ma presto ci impedirà di operare ogni forma di controllo su ciascun byte della nostra vita che affidiamo alla Rete, ma che ci ritroviamo automaticamente dietro alla schiena trasformato in inquieto spettro digitale. E’ una parte della nostra vita privata, che abbiamo fatto serenamente trapassare nell'aldilà digitale, ma forse senza la piena consapevolezza che qualcuno potrebbe, in ogni istante, metterci il naso senza chiederci il permesso.



sabato 21 giugno 2008

Informazione interstiziale


Ecco non poteva mancare oggi la notizia sull' Emergenza caldo, arriverà presto quella sulle vacanze degli italiani, le citta vuote, gli anziani strangozzati...Sono le notizie interstiziali, un genere giornalistico di cui nessuno ha mai avuto il coraggio di fare un' analisi approfondita. Prima che Link me ne desse l' opportunità...

***

Il calendario ha la sua scansione stagionale nell’ alternarsi di equinozi e solstizi, il tempo dell’ informazione televisiva scandisce il suo ritmo attraverso gli interstizi. A differenza della simmetrica regolarità che propone l’ anno solare solare, la cosmologia dell’ informazione interstiziale frammenta l’ anno televisivo in porzioni irregolari, imprevedibili ed indeterminabili.
A stabilire l’ entrata e l’ uscita dalle fasi dell’ infostitial sono circostanze che non hanno una spiegazione raffigurabile in modelli matematici, esse si determinano attraverso l’ irrazionale proporsi del ciclico attingere da una partitura comune, vale a dire quell’area dell’ archivio delle proposte di servizio che ogni editore chiama “Levitatis area”. In questa parte giace archiviato il codice che genera il così detto tempo dell’ “alleggerimento”.
E’ noto che il pianeta terra per mantenere il proprio ciclo vitale ha bisogno dell’ alternarsi di caldo-freddo, notte-giorno, sole-acqua intese come circostanze dosate dalle diverse posizioni che il globo terracqueo assume in occasione di equinozi e solstizi. Alla stessa maniera il globo simbolico che campeggia nella sigla di ogni telegiornale può mantenere il suo asse d’ equilibrio, nell’ angolazione definita dall’ editore-demiurgo, apponendo continue correzioni alla crudezza del flusso del racconto quotidiano con l’ additivo di notizie del genere interstiziale.
Il ritmo degli interstizi corrobora gli umani sul fatto che l’ universo della riproduzione fittizia del reale si mantenga in vita, ma pure che continui così a certificare la realtà del loro mondo.
Nella ricorrenza degli interstizi l’ umano avverte un profondo e diffuso senso di “pietas” nei confronti delle fragilità della propria natura, inoltre è un’ azione necessaria per rivestire gli dei che abitano i telegiornali di una dimensione familiare all’ esperienza degli uomini, quasi una loro discesa tra le miserie del mondo camuffati da esseri umani piuttosto che nel loro aspetto ufficiale di divinità che assicurano il transito del mondo visibile: dallo stato concreto a quello pixellico, attraverso la porta del monitor.
Il giornalista si traveste da uomo per confortare il suo pubblico, ciò rappresenta l’atto di generosità compassionevole propria degli esseri superiori, quelli che, per la natura del loro ufficio, preferiscono tenere la loro identità di solito celata dietro alla luminosa immagine che loro conferisce il set della lettura del telegiornale. Dai loro templi comunque passa la decodifica di ogni complessità dell’ universo e la sua ricomposizione in forme comprensibili all’ angustia della mente umana, a conferma del dogma: “Fino a che esisteranno i telegiornali esisterà il mondo!” A seguito di quest’atto di fede da ogni casa si celebra la ricorrente liturgia del mantenimento del tempo quotidiano seguendo religiosamente il sermone del telegiornale.
Le macchine che riproducono il mondo non fanno distinzione di genere, guardano scopiazzano frullano e risputano. Chissà perché ancora ci si intestardisce a cercare la tracce di quello che fu il reale nel fantasmagorico universo sbullonato che, giorno dopo giorno, mette assieme la televisione facendosi supportare dai suoi più giovani derivati. In ogni caso per pura necessità espositiva azzardiamo una sommaria classificazione delle più note categorie dell’ infostitial.
MEDIUM INFOSTITIAL
Nella scelta delle news interstiziali è di recente consuetudine attingere alla celebrazione dei nuovi media. La ripresa della videata web è un bell’ esercizio di stile quando un telegiornale vuol sembrare moderno e non ha immagini per provare un evento. Ecco quindi la formula: “Rivendicato in un sito Internet!” Che in realtà non è una notizia, ma riesce a far mettere in fila le poche righe d’ agenzia a margine di un attentato di matrice islamica. Naturalmente il filone “Cyberterrorista” ha varie sfumature e sottogeneri; il più abusato è quello che sottotitola la pagina web scritta in arabo, basta una a caso tanto chi capisce…
Segue con successo il sottofilone “Youtubista” che prevede un lancio rigorosamente legato alla formula inprescindibile: “nuovo episodio di violenza (ma anche: bullismo-intolleranza-discriminazione-omofobia- pedo pornografia ecc) Qui la pappa è già quasi pronta, basta far sguarducchiare il web video fatto con il cellulare che praticamente è una macchia di colore sfocata a cui si sovrappone il salutare pixellaggio per mascherare soggetti deboli, minori, privacy ecc ecc. Lo scenario più fosco è quello legato alla pedopornografia e turismo sessuale, qui per ovvi motivi si vede solo una mano che scrive sulla tastiera e al massimo la parte alta del browser dove si sta componendo l’ indirizzo scellerato. Per una fugace stagione il mondo tridimensionale interattivo ha costituito materia di cyber-non-notizia, comprensiva di tutte le macrocategorie gia consumate per internet come: sesso, violenza, truffe, terrorismo, ma aggiungendone una legata alla novità dell’ argomento, vedi ad esempio ente pubblico, personaggio, marchio commerciale ecc…unito al titolo, il risultato è spesso un ossimoro: “Sbarca per la prima volta su Second Life”
HABITUS INFOSTITIAL
Un’ appuntamento ricorrente legato ai cambi di stagione: si articola in due generi totalmente antitetici e inconciliabili. Il primo è quello dei desideri impossibili, quindi cronaca delle sfilate di moda. Abiti che mai nessuna tele spettatrice mai indosserà e di cui forse qualche scampoletto sarà elargito come omaggio alla impavida cronista che lo ha gentilmente presentato. Il secondo è il via libera che si dà ai disgraziati per lanciarsi alla rincorsa dei saldi stagionali. Entrambi i filoni permettono ardite derive in vari sottogeneri, potremo sintetizzarli in due fondamentali “dietro le quinte”. Riguardo al pret a porter l’ approfondimento al servizio selle sfilate è l’ intervista stesa sul tappeto di preghiera allo stilista nella sua “maison”. Per il genere “vorrei, ma non posso” invece l’ intervista è al solito rappresentante dei consumatori che mette in guardia sulle bidonatore che nasconde il prezzo troppo basso. Costui indossa sempre la solita giacchetta marrone di velluto che ogni anno riappare tra i saldi in ogni vetrina d’ Italia.
TEMPUS INFOSTITIAL
L’ alternarsi climatico nelle sue ricorrenti irregolarità continua a fare notizia. Piogge torrenziali, nevicate sull’ autostrada. grandine (con chicconi giganti tenuti in mano e riprese delle auto ammaccate) si alternano a torrenti prosciugati, zoom lento su arboscelli rinsecchiti, canicola metropolitana. I frutti della terra sono, a seconda dei casi mostrati fradici e devastati o asfittici e atrofizzati. Naturalmente la fase successiva è quella degli ecodisastri naturali (il racconto di quelli per responsabilità umana richiedono maggiori cautele….).
Via libera dunque alle inondazioni, con riprese di signori e signore con gli stinchi a mollo, meglio ancora se si ruba qualche immagine struggente come bambola che galleggia macabra o gattino arrampicato sull’ albero. Funzionale anche il cittadino che svuota la cantina a secchiate, rende il senso del disagio.
Al contrario, la particolare mania criminal incendiaria di vaste popolazioni italiane fornisce notevoli spunti per approfondimenti estivi. Non serve anche qui sforzarsi, le coordinate sono i chilometri di bosco bruciati, tristemente spesso anche il ricordo attraverso i parenti stretti delle vittime di questi atti delinquenziali, l’ intervista allo psicologo che definisce il quadro patologico del piromane (forse da piccolo non lo facevano giocare con i fiammiferi) come se realmente chi brucia boschi per estorsione o speculazione fosse curabile con un po’ di psicoterapia.
SALUS INFOSTITIAL
Il filone interstiziale del cosiddetto “memento mori” è sicuramente il più profondamente spirituale. L’ uomo deve ricordarsi che è fatto di carne deteriorabile e quindi ogni possibile mutazione di quella carne va puntigliosamente certificata nell’ interstizio medico sciamanico. Molto attuale il filone “priapico” che descrive patologie erettili, ma ne fornisce immediata farmacopea o soluzione tecno idraulica. Anche l’ estro femminile viene rappresentato statisticamente attraverso sondaggi e rilevamenti d’ opinione. Le mappe del desiderio si sviluppano in accurati data base che ne mostrano le flessioni attraverso il territorio, le classi sociali, le fasce d’ età. Si propongono posizioni, creme cataplasmi supposte. Si suggeriscono viaggi, massaggi, estasi e penitenze. Testimonial classiche sono presenzialiste da talk show, sempre spendibili in eterno come sacerdotesse del piacere avendo loro superato, di ampia misura, la percentuale media di carne. Il trionfo del parere erotico di un composto di materia organica in gran parte sostituita con immortale e lussurioso polimero.
OTIUM et CIBUS INFOSTITIAL
Una lettura gergale di questo genere di news condensa il settore ricco e variegato nella frase: “per quelli che non hanno da fare un cazzo.” In realtà in forma mascherata questo infostitial nasconde un vasto mercato sotterraneo di piccole promozioni, segnalazioni camuffate, pubblicità sotto forma di consigli. Le parole chiave sono benessere, relax, sogno, giovinezza, bellezza, almeno nel genere “visita alla beauty farm” (ma anche centro termale, agriturismo, scuola di pensiero, atelier di maestro/di vita) E’ poco utile a chi guarda, ma indispensabile per passare a scrocco qualche settimana in ammollo balsamico per redattori di fascia alta e direttori. La parte culinaria è annessa e comprende l’ esaltazione di specialità regionali, agiografie di personaggi famosi ai fornelli o a tavola. Segue naturalmente l’ esercito dei dietologi e suggeritori alimentari, questi appaiono in catartici sermoni dopo le feste comandate connotate da particolari abitudini alla crapula e prima delle vacanze, tanto per far vendere qualche pillolina drenante o costume da bagno.
ABSURDA sed SCIENTIA INFOSTITIAL
Difficile distinguere la separazione tra leggendario e scientifico, ma è un genere infostiziale che giganteggia sempre sulla realtà di ogni fatto, sia esso tratto dalla cronaca nera che dalla divulgazione scientifica. Si va da particolari sul dna di un assassino trovato nelle parti intime della sua vittima a rivelazioni catastrofistiche su clonazioni chimeriche. L’ evoluzione della specie, il futuro del pianeta si alternano al super ratto alla zanzara indistruttibile alle minacce chimico batteriologiche ai disastri ecologici. Passando per persone mummificate trovate in casa davanti alla tv accesa a mummie ancora intatte dopo lunghi periodi di sepoltura. Divertenti e innocue le invenzioni bizzarre, quando non sconfinano nella tecnologia consumer…In questo caso l’ infostitial diventa marchetta, rischio che si corre nelle interviste a medici primari, scienziati, chimici farmaceutici ecc ecc
FRAGMENTA INFOSTITIAL
Qui velocemente si addensano le appendici “leggere” a notizie che hanno particolare riverbero in un determinato periodo. E’ il secondo pezzo per eccellenza, quello che segue la parte hard del giornale. Per esempio in occasione di voto c’è immancabile l’apertura dei seggi, l’ affluenza e la chiusura con passaggi su cabine, mano che infilano la scheda nell’ urna, personaggi noti e istituzionali al voto. Intervista a ritardatari, impossibilitati ecc.
Giganteggiano poi le appendici e le premesse al capodanno: Attenzione ai botti, cosa mangeranno gli italiani, dove andranno gli italiani, i poveri barboni che stanno per strada. Segue il capodanno anticipato per il fuso orario, il discorso del presidente, la conta delle mani mozzate ecc
Vale lo stesso più o meno per il Natale: panettoni, capponi, arredi, accessori. Poveri, benefattori, storie edificanti, la guerra nel mondo, dove non si festeggia il Natale sotto alle bombe (pestilenze, malvagità, tristezze, inondazioni ecc)
Ultimamente vanno molto le vicende private dei capi di stato (solo stranieri naturalmente. Anche il Papa dei cattolici è un genere infostiziale molto ricorrente. Non nelle dichiarazioni ufficiali e liturgiche, ma nell’ aneddotica delle sue vacanze, hobby, letture, incontri ufficiali, vestiti, dichiarazioni su vicende relative alla politica, il costume, le abitudini sessuali, gastronomiche ludiche. Particolare attenzione a giudizi che attengono alla pagina cultura e spettacoli.

mercoledì 18 giugno 2008

Amputazione epocale alla maturità

«Comunicare le emozioni: un tempo per farlo si scriveva una lettera, oggi un sms o un'e-mail. Così idee e sentimenti viaggiano attraverso abbreviazioni e acronimi in maniera veloce e funzionale»

Questa è la traccia del tema di maturità di tipologia d, cultura generale. Parla chiaramente di protesi emozionali, anche se ancora la lettura ufficiale più condivisa sarà quella, pur interessante, di Armando Torno

Non sono solo le abbreviazioni, gli acronimi, la sintesi cyberpoetica, il linguaggio mutato rispetto alla scrittura tradizionale che fanno la novità. Piuttosto è l' amplificatore sintetico dell' emozione a segnare la differenza. E' un problema molto più legato alla percezione di un arto fantasma, qualcosa che sembra esserci stato strappato. Sentiamo un vuoto nel territorio organico che dovrebbe farci percepire profondamente il nostro interlocutore delocalizzato.

La scuola italiana avverte il peso di un' amputazione epocale tra gli adolescenti che ha sotto osservazione, ma ancora immagina che l'uso di apparati di riproduzione del reale integrati alla telefonia e connessi al web sia una sorta di perversa mania, sintomo di un disagio capace unicamente ad esprimersi con fenomeni di devianza come il cyberbullismo, ma ancora non ammette sinceramente che l' uso delle nuove tecnologie individuali interattive non rappresenta un' eccezione, ma è la prassi più diffusa per allacciare e mantenere connessioni che ricordino le vecchie relazioni.

Il nuovo utensile di cui ci siamo dotati collettivamente rimedia a una menomazione a cui semplicemente si supplisce con agili e funzionali protesi emozionali. L' esoscheletro sensoriale ancora dovrà faticare per essere omologato tra le possibilità socialmente accettate di sentirsi vicino un altro essere umano.




sabato 14 giugno 2008

Cyber santità

L’ ostensione della salma di Padre Pio reinterpreta in chiave contemporanea la tradizione popolare. In particolare la comune credenza per cui i corpi dei santi potessero emanare fisicamente fluidi salvifici a beneficio dei loro devoti. “Si diceva che dai corpi delle morte vergini di Dio e dalle carni sepolte dei beati sgorgassero liquori medicamentosi e balsami strabilianti.” scrive Piero Camporesi nell’ icipit del suo libro “La carne impassibile”. In realtà oggi quell’ effetto di propagazione benefica sulle folle dei pellegrini è potentemente sostituito dalla diffusione luminosa delle cronache di Telepadrepio capillare nelle sua emanazione multimediale. La stessa emittente che già in passato per lunghe interminabili ore puntava la telecamere sulla bara del santo a beneficio dei telecredenti che volessero telepregare.
Le fattezze del corpo santo sono state per l’occasione reintegrate laddove la carne si era logorata con mirabolanti innesti di materia artificiale. Il suo viso è stato praticamente ricostruito con una sofisticatissima maschera di silicone prodotta da Gems Studio, la stessa azienda che realizza i simulacri umani iperrealisti del museo delle cere di Madame Tussauds.
Si parla che al collo porti una una stola realizzata con fili d’oro e 312 pietre dure; per realizzarla sono state necessarie 206 ore di lavoro, la ditta veneta è la stessa che ha curato l'abbigliamento litirugico di papa Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI.
Il corpo infine è adagiato su un materassino ipertecnologico in plexiglass forato rivestito all’ esterno di velluto, ma con dentro due contenitori in pvc ripieni di gel di silice per assicurare una costante regolazione dell' umidità della mummia. Nella teca è stato immesso azoto per evitare reazioni ossidative.
Quindi in sintesi i milioni di pellegrini si muoveranno per migliaia di chilometri per vedere una maschera di silicone dipinto che ha la stessa composizione e apparenza di un qualsiasi gadget da nabcarella del sacro, portachiavi o immaginetta stampata su improbabili oggetti di uso comune.
Questo però è significativo di una moderna deriva dell' estetica corporea. Il silicone è oramai il suggello dell' appartenenza a una stirpe eroica. L' eccesso di polimero artificiale sulla materia organica di un volto non è più percepito come una devastazione, ma una naturale evoluzione dell' umano verso il superamento delle angustie della sua natura.
Ciò che vale per una parrucchiera di paese che aspira ad essere come Paris Hilton, vale anche per il modello di virtù eroica che dovrebbe rappresentare il santo siliconizzato che eternizza il mausoleo di Renzo Piano.

Qualcosa di simile accadde anni fa in occasione della veglia funebre in mondovisione di Papa Wojtyla. Allora parlammo di "reliquie digitali" e la definizione piacque anche al New York Times
In quel caso la tradizione di toccare il corpo santo si rinnovava grazie alle protesi elettroniche. Migliaia di pellegrini di fronte al cadavere del Papa ripetono un gesto antichssimo. Il contatto fisico, o attraverso abiti, fiori immagini, serviva ad assorbire parte della grazia che trapela dal corpo di chi era morto in odore di santità. La foto della salma papale fatta con il videofonino corrispondeva a una moderna reliquia digitale. Così ne parlammo in un pezzo per LA STAMPA

La cerimonia funebre per il Papa morto fu un evento, nella sua essenza, irraccontabile dalla televisione. La premessa martellante al momento più sacro dell’ epilogo terreno di Karol Wojtyla aveva acceso un crescendo febbrile. Ieri però il grande apparato del clamore è sembrato solo un bisbiglìo. La diretta concitata di sei giorni aveva creato via etere un universo in costante concitazione, tutti i riflettori sempre accesi. Dall’ agonia alla salma esposta. Il settimo giorno però si trattava “solo” di una messa, l’ occhio elettronico, per quanto si sia sforzato, non è riuscito ad intaccare il tempo eterno del Sacrificio che in quella piazza si è celebrato.

La messa funebre non colpisce l’ occhio distratto quanto le immagini del: “mai visto prima”. Erano state questo le code interminabili, i pellegrini in bivacco perenne, il cadavere moltiplicato all’ infinito, ovunque giorno e notte. La messa non richiede drammatizzazioni. E’ una cerimonia che “esiste” anche senza qualcuno ce la descriva fuori campo. E’ stata certamente una messa con molti spunti in più per chi era preposto al belletto e al “colore”, ma sono sembrati disperati i tentativi di aggiungere pathos. Le invenzioni mirabolanti di regia attraversavano S. Pietro. Un set televisivo frammentato continuamente da stacchi, campi larghissimi, mistiche panoramiche dall’ alto. Niente da fare. La televisione non riesce a lambire il mistero che in quel momento viene celebrato. Cerca di rappresentare e raccontare quello che fisiologicamente le sfugge. Tante postazioni, tanti inviati sparpagliati. Elicotteri e telecamere ovunque. Le voci dei commentatori sono solo un disturbo. Siano esse sommesse sulla frequenza della “commozione da evento solenne”, o si avventurino in arditissime metafore mistico-missilistiche: “la bara del Papa sembra avere una propulsione spirituale”.

Eppure non occorreva sforzarsi. Quella era l’ ultima messa del Papa, milioni di persone a ciò hanno attribuito un senso profondo. Seguirla in televisione è stata comunque una maniera per partecipare “realmente” a quella celebrazione. Vale per chi, da ogni parte del mondo, ha pregato davanti al televisore acceso, in cucina, nel salotto, negli uffici dove il lavoro si è fermato. I maxi schermi spuntati in tante piazze, hanno fatto esplodere di canto gregoriano la città spenta del fragore consueto. Il contorno per i credenti è come se non ci fosse stato.

Nei giorni precedenti al funerale, è stato forse possibile per la televisione far crescere a dismisura l’ impressione collettiva di poter entrare, attraverso un medium elettronico, in una zona dell’esistere senza tempo. Un medioevo fatto di corpi santi che essudano grazia. Corpi da toccare con le mani, con oggetti personali con immagini sacre. Corpi da smembrare simbolicamente, dando così senso al cammino fatto per raggiungerli in tempo. Un’ epoca che sembrava “modernamente” superata e che invece riaffiora come ricordo, istinto che porta a ricostruire la stessa devozione di fronte all’ icona luminosa del corpo santo che incombe sui grandi schermi al plasma. Non c’ è più il bisogno di toccare. Impregnare panni, immagini, fiori dell’ energia che trapela dal corpo santo. Ora è la reliquia digitale la prova che il pellegrino riporta a casa, una foto chiusa nel minuscolo hard disk della sua appendice visionaria. La televisione mastica storie. Attraverso il suo tubo digerente passano volti e parole. Ogni afflato ed emozione si assimila come stereotipo telenarrabile. Anche lo straordinario sberleffo che, in questi giorni, si oppone ad ogni moderno pregiudizio laicista si diluisce in uno slogan. Per tutti la stessa dichiarazione a favore di telecamera .

Anche ieri la televisione ha continuato a provarci. Oltre ai grandi di tutto il mondo nel palco d’ onore c’ erano i piccoli potenti vellicati dalle inquadrature. Loro seguono la cerimonia a gambe accavallate, come se fossero allo stadio. La cassa di cipresso è sovrastata dal vangelo svolazzante. La regia intuisce che quella è sicuramente una “bella immagine”, ci si accanisce, azzannandola in ogni dove. Per quanto percuota quella bara a colpi di zoom nessuna grazia le resterà appiccicata. Tutto intorno la grazia c’ è, in tantissimi cuori, ma la televisione è, ancora una volta, incapace ad arrivarci.

vedi anche: Follie cybermistiche ; Proana ante litteram ....e tutti i post della sezione Fidanzata automatica




giovedì 12 giugno 2008

Una pattumiera di simboli

Un sacchetto di pattume bello colmo su ogni sedile del treno come fosse un gadget di benvenuto...Chi su quel sedile aveva pagato per sedersi avrà forse immaginato uno scherzo pessimo, ma si trattava invece di una dimostrazione dei lavoratori di alcune ditte di pulizie che da un mese non erano stati pagati. Così con una vera botta di fantasia gli spazzini dei treni hanno trasformato la loro stessa spazzatura in uno slogan politico.

La lotta sindacale sulla buccia del melone fradicio e della lisca di pesce marcio non ha trovato solidarietà nei passeggeri dell'Intercity 582 delle 6:25, in viaggio da Napoli a Milano, quando questa mattina sul treno hanno trovato realizzato il peggior incubo di ogni viaggiatore ferroviario, ma allo stesso tempo la rappresentazione concreta della più logorata delle metafore: il treno si era trasformato in un immondezzaio. Qualcuno aveva convertito il più puzzolente simbolo della vergogna nazionale in un messaggio minatorio al proprio datore di lavoro, disponendo sulle poltrone prenotate sacchetti di pattume come liquamoso "segnaposto".

Il viaggio dei passeggeri ignari della protesta sindacale in corso, è andato avanti in fetida immersione fino a Bologna dove solo sul far delle 12.50 gli angeli delle idropulitrici hanno restituito dignità umana ai disgraziati.

Resta però evidente il tracimare del pattume a elemento simbolico, in totale controtendenza rispetto al tabù che fin’ora pare aver rappresentato per i napoletani in genere. Al tempo del colera ci fu chi compose canzoni sul vibrione e comunque su quel flagello si riuscì anche a ironizzare, ma sul pattume no.

Il blob della spazzatura è una piaga talmente concreta e percepibile nella sua sgradevolezza con tutti i sensi all’ unisono, che la voglia di scherzarci sopra sembra soffocata in partenza dai miasmi che questa sembra esalare anche dalle foto sui giornali.

Questa invasione di ultracorpi però è quanto mai suggestiva fino a rischiare di diventare un brand, sembra quasi che il sacchetto grigio si stia avviando ad essere un contrassegno potente della contemporaneità. Assoluto non oggetto nella sua indifferente pellicola eterna.

Grigia uguale ovunque la si veda, allo stesso tempo grigia membrana di un essere alieno al cui interno potrebbe pullulare qualunque cosa. L’ umido pattume che indica il residuo quotidiano del processo vitale di una società è fonte di impensabili rapporti tra chi lo produce, il suo potere d’ acquisto, le sue passioni le sue abiezioni.



mercoledì 11 giugno 2008

Proana ante litteram....

A proposito delle follie cybermistiche di cui qui si è parlato giorni fa, vale la pena di leggere la biografia di santa Margherita Alacoque. La ragazza escogitava continui stratagemmi per vomitare esattamente come le giovanissime proana e promia si scambiano metodi per il vomito sicuro. La giovane veggente francese della seconda metà del 600 questo scrive nel suo diario (oggi diremmo blog proana):
« Ero di natura così delicata che la più piccola sporcizia mi rivoltava lo stomaco. Gesù mi rimproverò così energicamente per questa mia debolezza che io reagii contro di essa con tanta decisione che un giorno pulii con la mia lingua il pavimento sporco del vomito di una malata. Egli mi fece provare tanta delizia in questa azione che avrei voluto avere l’occasione per farlo tutti i giorni. »
O ancora di più estrema nella scelta del metodo:
"Una volta che avevo dimostrato una certa ritrosia nel servire una malata di dissenteria, Gesù mi rimproverò così severamente che, per riparare, mi riempii la bocca dei suoi escrementi; li avrei ingurgitati se la Regola non avesse proibito di mangiare fuori dei pasti."


lunedì 9 giugno 2008

La macchina per entrare e uscire dal mondo beta test

"Una bella sorpresa questa rassegna, che ci ha conquistato e spesso sorpreso. Come nel caso del tutto esaurito allo spettacolo dal vivo (o quasi) La macchina per entrare e uscire dal mondo, ideato da Gianluca Nicoletti alias Bitser Scarfiotti per l'occasione, allestito all'Hiroshima Mon Amour e incentrato sul fenomeno Second Life."

(Boris Sollazzo Il Sole24h)

-il duo folk melodico familiare "Casa Alemanno"-
******
QUI UN VIDEO DI SINTESI DELLA PRIMA MUTAZIONE
(sconsigliato a persone particolarmente sensisbili)

qui la cronaca di Affari Italiani

Follie cyber mistiche

La società segreta delle donne che si impongono il controllo radicale sull' alimentazione prende forza attraverso il fenomeno Pro Ana e Pro Mia. Una rete fittissima e clandestina per scambiarsi tecniche ascetiche e informazioni per proteggere la propria copertura nel mondo degli alimentatori corretti. Attraverso la modifica perniciosa dei corpi si raggiunge un surrogato di ascesi mistica che è il ricordo di analoghe tecniche mortificatorie che appassionarono un gran numero di fanciulle del passato poi proclamate sante.
Dal duecento al seicento le suggestioni iconografiche che turbavano queste aspiranti puri spiriti erano essenzialmente di tipo religioso. La storia sacra era la principale fonte d' ipirazione, come pure Santi, Crocifissi e Madonne erano le immagini più ricorrenti nelle loro visioni perchè le uniche che fosse possibile vedere. Oggi l' iconografia è mutata e infatti le Pro Ana arredano i loro blog con foto di modelle scheletriche e le pongono al vertice della loro aspirazione trasmutatoria. Sono loro il modello per la fusione mistica, è il vomito e il digiuno la disciplina ascetica per compiere il loro disegno estatico.
LA LEGGE DI ANA
Il bagno è il mio Sacro confessionale.
Mi prostrerò dinnanzi al gabinetto e farò penitenza per i miei molti peccati.
Sono colpevole di non apprezzare ciò che sono e quello che ho.
Sono un uragano emotivo.
Un flusso laverà via questi peccati, mi lascerà per dare inizio a un nuovo domani.
Confesserò quotidianamente, e se non lo faccio, ci sarà un atto di contrizione.
Taglierò o comunque punirò il mio corpo, perché è sempre stato troppo.
Cercherò di essere magra e perfezionerò Ana come mia sorella.
Sosterrò altre come me.
Difenderò le altre Mia.
Sarò perfetta...
A Vicenza ne ho parlato in occasione del congresso della Ansisa (l'Associazione nazionale degli specialisti in scienze dell'alimentazione), ne è venuto fuori un abbozzo di progetto: ho suggerito ai medici e agli operatori sanitari di non porsi di fronte a questo fenomeno come inquisitori alla ricerca di presunti eretici. La repressione e la guerra di religione ha sempre rafforzato i vincoli tra i devoti di un culto perseguitato. I martiri ancor più...
L' idea sarebbe quella di creare un' area web approporiata con vari strumenti di partecipazione e una zona più immersiva in Second Life. La rete moltiplica e conferisce certezza di vittoria alle folli aspiranti sante, se si vuole aiutarle a non morire è dentro la rete che occorre incontrarle e non nelle celle frigorifere quando per loro non c' è più nulla da fare.
***