sabato 14 giugno 2008

Cyber santità

L’ ostensione della salma di Padre Pio reinterpreta in chiave contemporanea la tradizione popolare. In particolare la comune credenza per cui i corpi dei santi potessero emanare fisicamente fluidi salvifici a beneficio dei loro devoti. “Si diceva che dai corpi delle morte vergini di Dio e dalle carni sepolte dei beati sgorgassero liquori medicamentosi e balsami strabilianti.” scrive Piero Camporesi nell’ icipit del suo libro “La carne impassibile”. In realtà oggi quell’ effetto di propagazione benefica sulle folle dei pellegrini è potentemente sostituito dalla diffusione luminosa delle cronache di Telepadrepio capillare nelle sua emanazione multimediale. La stessa emittente che già in passato per lunghe interminabili ore puntava la telecamere sulla bara del santo a beneficio dei telecredenti che volessero telepregare.
Le fattezze del corpo santo sono state per l’occasione reintegrate laddove la carne si era logorata con mirabolanti innesti di materia artificiale. Il suo viso è stato praticamente ricostruito con una sofisticatissima maschera di silicone prodotta da Gems Studio, la stessa azienda che realizza i simulacri umani iperrealisti del museo delle cere di Madame Tussauds.
Si parla che al collo porti una una stola realizzata con fili d’oro e 312 pietre dure; per realizzarla sono state necessarie 206 ore di lavoro, la ditta veneta è la stessa che ha curato l'abbigliamento litirugico di papa Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI.
Il corpo infine è adagiato su un materassino ipertecnologico in plexiglass forato rivestito all’ esterno di velluto, ma con dentro due contenitori in pvc ripieni di gel di silice per assicurare una costante regolazione dell' umidità della mummia. Nella teca è stato immesso azoto per evitare reazioni ossidative.
Quindi in sintesi i milioni di pellegrini si muoveranno per migliaia di chilometri per vedere una maschera di silicone dipinto che ha la stessa composizione e apparenza di un qualsiasi gadget da nabcarella del sacro, portachiavi o immaginetta stampata su improbabili oggetti di uso comune.
Questo però è significativo di una moderna deriva dell' estetica corporea. Il silicone è oramai il suggello dell' appartenenza a una stirpe eroica. L' eccesso di polimero artificiale sulla materia organica di un volto non è più percepito come una devastazione, ma una naturale evoluzione dell' umano verso il superamento delle angustie della sua natura.
Ciò che vale per una parrucchiera di paese che aspira ad essere come Paris Hilton, vale anche per il modello di virtù eroica che dovrebbe rappresentare il santo siliconizzato che eternizza il mausoleo di Renzo Piano.

Qualcosa di simile accadde anni fa in occasione della veglia funebre in mondovisione di Papa Wojtyla. Allora parlammo di "reliquie digitali" e la definizione piacque anche al New York Times
In quel caso la tradizione di toccare il corpo santo si rinnovava grazie alle protesi elettroniche. Migliaia di pellegrini di fronte al cadavere del Papa ripetono un gesto antichssimo. Il contatto fisico, o attraverso abiti, fiori immagini, serviva ad assorbire parte della grazia che trapela dal corpo di chi era morto in odore di santità. La foto della salma papale fatta con il videofonino corrispondeva a una moderna reliquia digitale. Così ne parlammo in un pezzo per LA STAMPA

La cerimonia funebre per il Papa morto fu un evento, nella sua essenza, irraccontabile dalla televisione. La premessa martellante al momento più sacro dell’ epilogo terreno di Karol Wojtyla aveva acceso un crescendo febbrile. Ieri però il grande apparato del clamore è sembrato solo un bisbiglìo. La diretta concitata di sei giorni aveva creato via etere un universo in costante concitazione, tutti i riflettori sempre accesi. Dall’ agonia alla salma esposta. Il settimo giorno però si trattava “solo” di una messa, l’ occhio elettronico, per quanto si sia sforzato, non è riuscito ad intaccare il tempo eterno del Sacrificio che in quella piazza si è celebrato.

La messa funebre non colpisce l’ occhio distratto quanto le immagini del: “mai visto prima”. Erano state questo le code interminabili, i pellegrini in bivacco perenne, il cadavere moltiplicato all’ infinito, ovunque giorno e notte. La messa non richiede drammatizzazioni. E’ una cerimonia che “esiste” anche senza qualcuno ce la descriva fuori campo. E’ stata certamente una messa con molti spunti in più per chi era preposto al belletto e al “colore”, ma sono sembrati disperati i tentativi di aggiungere pathos. Le invenzioni mirabolanti di regia attraversavano S. Pietro. Un set televisivo frammentato continuamente da stacchi, campi larghissimi, mistiche panoramiche dall’ alto. Niente da fare. La televisione non riesce a lambire il mistero che in quel momento viene celebrato. Cerca di rappresentare e raccontare quello che fisiologicamente le sfugge. Tante postazioni, tanti inviati sparpagliati. Elicotteri e telecamere ovunque. Le voci dei commentatori sono solo un disturbo. Siano esse sommesse sulla frequenza della “commozione da evento solenne”, o si avventurino in arditissime metafore mistico-missilistiche: “la bara del Papa sembra avere una propulsione spirituale”.

Eppure non occorreva sforzarsi. Quella era l’ ultima messa del Papa, milioni di persone a ciò hanno attribuito un senso profondo. Seguirla in televisione è stata comunque una maniera per partecipare “realmente” a quella celebrazione. Vale per chi, da ogni parte del mondo, ha pregato davanti al televisore acceso, in cucina, nel salotto, negli uffici dove il lavoro si è fermato. I maxi schermi spuntati in tante piazze, hanno fatto esplodere di canto gregoriano la città spenta del fragore consueto. Il contorno per i credenti è come se non ci fosse stato.

Nei giorni precedenti al funerale, è stato forse possibile per la televisione far crescere a dismisura l’ impressione collettiva di poter entrare, attraverso un medium elettronico, in una zona dell’esistere senza tempo. Un medioevo fatto di corpi santi che essudano grazia. Corpi da toccare con le mani, con oggetti personali con immagini sacre. Corpi da smembrare simbolicamente, dando così senso al cammino fatto per raggiungerli in tempo. Un’ epoca che sembrava “modernamente” superata e che invece riaffiora come ricordo, istinto che porta a ricostruire la stessa devozione di fronte all’ icona luminosa del corpo santo che incombe sui grandi schermi al plasma. Non c’ è più il bisogno di toccare. Impregnare panni, immagini, fiori dell’ energia che trapela dal corpo santo. Ora è la reliquia digitale la prova che il pellegrino riporta a casa, una foto chiusa nel minuscolo hard disk della sua appendice visionaria. La televisione mastica storie. Attraverso il suo tubo digerente passano volti e parole. Ogni afflato ed emozione si assimila come stereotipo telenarrabile. Anche lo straordinario sberleffo che, in questi giorni, si oppone ad ogni moderno pregiudizio laicista si diluisce in uno slogan. Per tutti la stessa dichiarazione a favore di telecamera .

Anche ieri la televisione ha continuato a provarci. Oltre ai grandi di tutto il mondo nel palco d’ onore c’ erano i piccoli potenti vellicati dalle inquadrature. Loro seguono la cerimonia a gambe accavallate, come se fossero allo stadio. La cassa di cipresso è sovrastata dal vangelo svolazzante. La regia intuisce che quella è sicuramente una “bella immagine”, ci si accanisce, azzannandola in ogni dove. Per quanto percuota quella bara a colpi di zoom nessuna grazia le resterà appiccicata. Tutto intorno la grazia c’ è, in tantissimi cuori, ma la televisione è, ancora una volta, incapace ad arrivarci.

vedi anche: Follie cybermistiche ; Proana ante litteram ....e tutti i post della sezione Fidanzata automatica




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