L’idea di poter disporre di un clone di se stessi per attingere organi di ricambio sembrerebbe ripugnante. La promessa della scienza di far durare l'essere umano il più possibile potrebbe portare a desiderarlo. Con sincronismo, che ha il senso profondo di una profezia, la fiction cinematografica e la letteratura raccontano storie che affrontano il moderno mito della sopravvivenza subordinata alla clonazione di umani.
Su tale inconfessabile deriva il film «The island» di Michael Bay e il romanzo del francese Michel Houellebecq, non nuovo a profezie (il suo libro - Piattaforma, del 2000 - finiva con un attentato in un locale notturno thailandese preciso identico a quello che al Qaida fece un anno dopo a Bali). Come spesso accade, in tali modalità del fantasticare si anticipano alcuni sintomi di angosce collettive, ma anche l' affiorare di desideri sommersi.
Quanti potrebbero volersi permettere, un giorno non remoto, di far acquisti al supermercato dei ricambi vitali? Sono anni che mentalmente gli umani si stanno preparando alla produzione in serie di copie di se stessi, proprio come si vede in «The island». Già oggi vivono la protesi organica come soluzione possibile ai loro problemi di salute, ciò diluirà ogni residuo scrupolo di coscienza verso la prospettiva più estrema.
Qualcuno potrebbe allevare dei cloni, sarebbe più facile prelevare ogni parte del corpo che si dovesse guastare o avariare. È chiaro che ci arriveranno gradualmente; il percorso è «irreversibile», scrive Houellebecq. Per cultura sono tutti inorriditi di fronte a uno scenario di questo tipo. Stanno però cominciando ad abituarsi all’idea che molti dei nostri tessuti possano essere «coltivati» come fossero fagiolini o patate.
Da molto tempo gli organi vitali sono tranquillamente estirpati e rimontati altrove. Persino per chi perda la faccia c’è oggi modo di riattaccarne sul teschio un’altra, poco importa se viene strappata a un cadavere. Ancor più facile sostituire pezzetti d’osso, cartilagini, mani o piedi. Anche le minutaglie ci arrivano facendo la spesa negli obitori, come se fossero negozi di ferramenta.
Già, ma quando i morti non basteranno più per soddisfare la richiesta di ricambi per i vivi? Non potranno proporre altro che l’officina dei cloni, magari verranno cresciuti tutti insieme in qualche isola lontana, proprio come vedremo in questi giorni al cinema. Meglio così! Guardarli in faccia potrebbe non essere piacevole. Ancor meno facile quando, dopo che gli umani rigenerati avranno fatto il «tagliando», a loro comincerà a mancare qualche pezzo.
1 commento:
..c'è un bellissimo progetto europeo ch ricerca il modo di creare dei maiali con le proteine di membrana del soggetto "umano" che ha bisogno di un organo... in questa maniera non ci sarebbero problemi di rigetto...
immagino già i risvolti socioculturali del maiale-giovanni bianchi, o del maiale- gianluca nicoletti
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