martedì 25 marzo 2008

Tv a pedali

Forse la tv continuerà ad atrofizzarvi il cervello, ma se per guardare un’ ora di tv dovrete pedalare per altrettanto tempo almeno se ne gioverà il fisico. Nasce così la tv a pedali, qualcuno ha veramente valutato che potreste avere una televisione migliore se l’ apparecchio sarà alimentato pedalando.
Forse sarà stato bello illudersi sul meraviglioso futuro della tv digitale polimediale e interattiva, ma senza prenderci in giro alla fine abbiamo abbastanza capito che, in attesa di nuovi format, dentro quei mostri ipertecnologici, i cervelli creativi faranno ancora girare le vecchie puntate di Studio1 e il Dada Umpa delle Gemelle Kessler.
Tanto vale quindi affidare la speranza di nuove suggestioni per il tempo libero all’ arcaico potere muscolare. Questa parrebbe essere la filosofia che ha dato vita all’ invenzione degli studenti della 4f del liceo scientifico tecnologico Vallauri di Roma. Guidati dal loro professore hanno progettato una “rivoluzionaria” tv a pedali; per il loro progetto già in questi giorni sono stati premiati a un concorso sulla mobilità sostenibile, organizzato dall’ H2Roma, ora aspettano solo di chiudere con uno sponsor per realizzare il prototipo fisico e metterlo in produzione.
La tv a pedali di avveniristico design potrebbe apparire a un primo colpo d’ occhio come l’ evoluzione di una cyclette, ma in realtà il progetto non si limita semplicmente a un televisiore alimentato da una dinamo a pedali, interessante è il nuovo punto di vista che acquisterebbe il telepedalante.
In sintesi il training sulla tv a pedali indurrebbe l’ abbonato in prima fila al seguente ragionamento: “Se per far funzionare la tv devo faticare così tanto, quando la guardo pretendo programmi che mi diano soddisfazione!” Questa “rieducazione” passerebbe attraverso un procedimento di trasformazione dell’ energia dei polpacci in energia elettrica e quindi in una maggiore responsabilità critica verso il prodotto televisivo.
“Abbiamo tenuto conto sia dell’aspetto energetico quanto di quello culturale comportamentale- dice l’ architetto Oscar Santilli, il docente che ha seguito il progetto- abbiamo visto che i giovani abusano sia della tv che delle loro energie fisiche quindi abbiamo pensato di armonizzre questi due eccessi.“
Il principio della telecyclette un po’ ricorda quelle vecchie biciclette a dinamo che, in tempo di guerre passate, venivano usate per alimentare la lampadina dei rifugi antiaerei, ma il prof Santilli spiega che la vera innovazione sta nell’ utilizzo non sincronico dell’ energia prodotta pedalando. La vera svolta nel progetto è stata quando hanno pensato che fosse più utile che l’ energia elettrica, sudata pigiando sui pedali, fosse ceduta alla rete: “ Era inutile pensare ad utilizzare accumulatori o pile che danno problemi nel tempo, meglio costruire un sistema per cui chi usa la tv a pedali accumula un credito energetico, poi tramite un contatore che memorizza la quantità di energia prodotta può ricaricare ogni volta il credito accumulato su una scheda sim personale.”
Naturalmente perché il sistema funzioni occorre uno scenario normativo, o per lo meno un accordo condiviso, che prescriva di guardare la TV utilizzando esclusivamente l’energia elettrica prodotta dalla trasformazione dell’energia meccanica delle pedalate. Solo pedalando il telespettatore potrà vedere la televisione, grazie all’energia che potrà spendere a suo piacimento inserendo la memory card nel televisore, solo così sarà possibile tenerlo acceso per la durata del programma che si sarà guadagnato con il sudore della frontre.”
Insomma se l’ uso della tv a pedali verrà inteso come un esercizio, oltre che del fisico, anche della capacità di condizionare attivamente i palinsesti televisivi i vantaggi potrebbero essere sia individuali che collettivi. “L’energia fotovoltaica ceduta viene pagata circa 2,5 volte il prezzo di quella consumata-conclude Santilli-sono stati finanziati i decoder digitali perché non si può finanziare la tv a pedali?” Sulle utopie è progredita l’ umanità, ma su quest’ ultimo punto però l’ ottimismo degli inventori sembra veramente rischiare la crudezza della delusione.

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